Di E. manes. V. Francione, A. Santucci, N. Trippetta, R. Erasmo
L’interessamento dell’articolazione coxo-fernorale, di regola bilaterale e spesso simmetrico, è presente nelle varie forme cliniche dell’Artrite Reumatoide (A.R.) con una frequenza che oscilla, nell’adulto, tra il 12 e il 38%.
La progressione della malattia nel tempo, nonostante una appropriata terapia medica, conduce inevitabilmente alla compromissione dell’anca, articolazione che, tranne casi selezionati in cui può essere indicata la radiosinoviortesi, non si presta a interventi conservativi. Pertanto La presenza di una sintomatologia algica grave e persistente, e di una limitazione funzionale grave, richiede un trattamento che inevitabilmente è sostitutivo.
Alcuni autori riferiscono risultati globalmente buoni anche a lungo termine sia con artroprotesi cementate d’anca (Collins, 1991), che con protesi biarticolari (Torius et al, 1989). Tuttavia la comparsa di insuccessi per mobilizzazione asettica degli impianti Cementati e l’età generalmente giovane dei pazienti operati, fa ritenere indicato l’intervento con protesi non cementate anche nell’artrite reumatoide (I -carmonth, 1989), malattia in cui, per le alterazioni anatomopatologiche articolari e ossee, si ritiene che sia agevole ottenere una buona stabilità primaria.
Riferiamo in questa nota il nostro orientamento nel trattamento sostitutivo con protesi non cementate d’anca a disegno anatomico e superficie porosa nell’A.R. dell’adulto.
Pazienti e metodo
Dall’Aprile 1985 al Dicembre 1991 abbiamo eseguito 34 artroprotesi non cementate d’anca in 22 pazienti affetti da A.R. dell’adulto su un totale di 500 artroprotesi.
Al momento dell’intervento, l’età media era di 50 anni (età minima 35 anni, massima 62 anni); 19 donne, 3 uomini; 12 pazienti operati bilateralmentc. Il lato operato è stato il destro in 8 pazienti e il sinistro in 16. In tutti i pazienti era presente l’interessamento di entrambe le anche: in modo simmetrico in 14, con prevalenza clinica in un lato in 8. Tutti i pazienti presentavano i segni dell’artrite cronica delle piccole articolazioni delle mani e dei piedi, cd appartenevano alla classe C di Halley e Charnley (1975).
L’indicazione all’artroprotesi non cementata è stata posta sulla base della gravità del quadro clinico e della compromissione funzionale dell’anca, in pazienti con età non superiore a 65 anni, dopo aver eseguito una accurata valutazione plurispecialistica di cui si dirà in seguito.
Tutti i pazienti nel periodo di ricovero precedente l’intervento sono stati sottoposti ad intenso trattamento fisiochinesiterapico. In 3 pazienti è stata eseguita autoemotrasfusione normovolemica con predeposito. L’intervento è stato eseguito secondo la tecnica già esposta in precedenza (Manes, 1987). In particolare, in caso di coxa profunda con integrità della lamina quadrilatera, abbiamo usato cupole profonde.
Abbiamo eseguito la profilassi con antibiotici (Ceftriaxone 2 gr. ev./die dal giorno precedente l’intervento alla giornata post-operatoria) e profilassi antitromboembolica (eparina calcica 5000 unità, due volte al dì il giorno precedente, 5000 unità x 3/die dal giorno dell’intervento alla 30 giornata post-operatoria e 5000 unità per 2/die dal 40° al 150° giorno post-operatorio). Non abbiamo eseguito profilassi per le ossificazioni periarticolari (che abitualmente eseguiamo nelle artroprotesi per altre patologie) in quanto i pazienti erano in terapia con FANS per la malattia di base.
Il carico totale viene concesso in giornata con l’aiuto del deambulatore e assistenza del fisioterapista, previo controllo radiografico.
Complicanze
Non si sono verificate complicanze locali né a carico del femore, né a carico del cotile. Non abbiamo avuto complicanze settiche superficiali o profonde. La ferita chirurgica è guarita per prima in tutti i pazienti.
Si sono verificati tre casi di flebotrombosi dell’arto operato e uno di microembolia polmonare, risoltisi con terapia medica. I pazienti sono stati sottoposti ai periodici controlli clinico-strumentali previsti dal nostro protocollo (Manes, 1987).
In occasione del presente lavoro abbiamo ricontrollato i pazienti ad una distanza minima di 3 mesi e massima di 6 anni, media 3 anni, valutando i parametri clinici (dolore, deambulazione, escursioni articolari) e gli esami strumentali (Rx, scintigrafia segmentaria del bacino) Otto pazienti non si sono presentati, due sono deceduti.
Risultati
Dolore
Migliorato in tutti i pazienti, risolto in 15; permane con caratteristiche diverse da quello preoperatorio in 7 pazienti, di cui 5 operati entro sei mesi dal controllo.
Deambulazione
In 3 pazienti avveniva senza zoppia; tutti gli altri presentavano in modo variabile delle difficoltà in relazione all’interessamento poliarticolare della A.R. In ogni modo 19 riferivano un miglioramento soggettivo rispetto alle condizioni preoperatorie.
Escursioni articolari
In generale è stata conservata la mobilità ottenuta intraoperatoriamente. La flessione in tutti i pazienti raggiunge almeno 900, la lateralità 450 e le rotazioni 200.
Esame Rx
Non si sono evidenziati segni di riassorbimento osseo periprotesico significativi di mobilizzazione (secondo i criteri di Gruen et al, 1979). In due pazienti si è verificata una lieve migrazione distale dello stelo (massimo 2 mm.), evidente a 6 mesi, e rimasta inalterata successivamente. Negli stessi pazienti è comparso, sempre a 6 mesi, un sottile «tappo» in zona 4. A livello cotiloideo non si sono verificati affondamenti della cupola. Ossificazioni di I e II grado di Brooker erano presenti in 9 pazienti.
Scintigrafia
L’ipercaptazione diffusa presente a 6 mesi dall’intervento si è attenuata a 9-12 mesi. In 3 pazienti era presente ipercaptazione focale a livello dell’apice dello stelo (zona 4), ed in 2 in sede metafisaria mediale (zona 7). Sei pazienti presentavano iperaccumulo a livello dell’area 3 di Thomas del cotile, ed 1 alle aree 3 e 2.
Discussione
Nella chirurgia dell’AR in generale, e nella chirurgia protesica dell’anca in particolare, sono presenti numerosi problemi generali e distrettuali della conoscenza dei quali non si può prescindere in vista di un programma terapeutico.
Innanzitutto la stadiazione e l’attività della malattia, le condizioni generali del paziente, l’aspettativa di vita, le motivazioni nella cura da parte del paziente. Per tale motivo, qualunque decisione venga presa, essa deve essere vagliata da un accordo pluridisciplinare tra chirurgo ortopedico, reumatologo, fisiatra, oltre ad avere il convinto consenso del paziente.
In secondo luogo riteniamo fondamentale eseguire il bilancio della compromissione articolare dell’anca, del ginocchio e del piede, omolaterali e controlaterali, al fine di stabilire una gravità «topografica» del danno articolare e una conseguente terapia «cronologica», che in caso di interessamento plurisegmentario dell’arto inferiore, riguarda dapprima il piede, quindi l’anca e infine il ginocchio, valutando di caso in caso la possibilità di interventi protesici multipli (dell’anca e del ginocchio).
Infine, una volta posta l’indicazione all’intervento sostitutivo dell’anca, bisogna scegliere il tipo di protesi cementata o non cementata. A tale proposito riteniamo indicata l’artroprotesi non cementata nei pazienti con età cronologica inferiore a 65 anni e con trofismo osseo accettabile. Infatti in questa particolare condizione, prendere come riferimento l’età biologica (come è la nostra prassi nelle altre patologie del- l’anca) significherebbe abbassare il limite di età per l’impianto cementato, con i conseguenti problemi di durata dell’impianto nel tempo e del riassorbimento osseo periprotesico in caso di mobilizzazione (Learmonth et al, 1989).
La nostra scelta dell’artroprotesi non cementata nella A.R. è basata sulla convinzione di ottenere, al momento dell’intevento, una buona stabilità che rimane invariata nel tempo. Per questo scopo a livello femorale cerchiamo il massimo riempimento prossimale, sacrificando un tessuto nobile come la spongiosa, che deve costituire soltanto una sottile intercapedine tra corticale e stelo, e se necessario, alesando il canale femorale in modo da ottenere una buona stabilità primaria con steli della dimensione più grande consentita.
In tal modo riteniamo, e la valutazione dei risultati Io conferma, si possa evitare l’affondamento dello stelo. A livello acetabolare l’alterazione più frequente è la protrusione mediale, seguita dall’erosione del tetto. In tutti i casi abbiamo impiantato la cupola ottenendo un buon orientamento e buona stabilità meccanica della stessa senza ricorrere all’uso del cemento o di innesti ossei. I controlli radio- grafici a distanza non hanno mostrato una ulteriore protrusione della cupola, contrariamente a quanto viene riferito per le artroprotesi cementate (Lachiewicz, 1986).
Nella valutazione dei risultati clinici conseguiti bisogna tener conto degli aspetti particolari dei pazienti affetti da A.R., in primo luogo della compromissione dello stato generale e delle numerose articolazioni sopra e sottosegmentarie (tutti i pazienti appartengono alla classe C di Halley e Charnley), inoltre dell’ipotrofia e riduzione della forza muscolare. Per- tanto l’obiettivo che l’intervento si prefigge è la risoluzione del dolore e il miglioramento della qualità di vita.
In questa ottica possiamo affermare che i risultati ottenuti fino ad ora (breve e medio termine) sono buoni e in linea con le aspettative del programma preoperatorio. La risoluzione o la marcata attenuazione del dolore e la presenza di escursione articolari vicino a valori normali hanno concesso ai pazienti un miglioramento della qualità di vita.
Conclusioni
L’intervento di artroprotesi non cementata d’anca risolve il dolore, corregge gli atteggiamenti viziati, ripristina le escursioni articolari. I risultati a breve e medio termine sono buoni ed almeno sovrapponibili a quelli delle protesi cementate. L’osteoporosi, la frequente discrepanza tra canale femorale largo e collo femorale stretto, la protrusione acetabolare, non costituiscono controindicazione all’artroprotesi non cementata nell’A.R., purché si consegua una buona stabilità intraoperatoria, che nella nostra esperienza si è mantenuta nel tempo. L’osteogenesi periprotesica avviene negli stessi tempi delle altre patologie.